"Sul cambiamento climatico l’Africa si è posizionata chiaramente come soggetto e non più come oggetto delle decisioni dei paesi occidentali e del loro approccio paternalistico". E ciò avviene in un più ampio processo di "decolonizzazione dall’imperialismo economico e politico". Secondo Bridget Ohabuche, attivista di origini nigeriane e residente in Italia dal 2008, le coordinate sono chiare, così come i segnali che provengono dal Continente nelle sedi internazionali.
“Più che di emancipazione dall’Occidente credo si tratti di un processo di decolonizzazione dall’imperialismo economico e politico”
Ohabuche, a quali segnali si riferisce?
Quando i paesi sviluppati non hanno garantito agli Stati africani il fondo promesso per affrontare il cambiamento climatico, un gruppo di 85 assicuratori, durante i colloqui della Cop27, ha creato l’African Climate Risk Facility, un fondo per fornire copertura contro siccità, inondazioni e carenza di cibo. Alla Cop28, i rappresentanti del Continente hanno alzato la voce, sollecitando i paesi industrializzati a rispettare i loro impegni e attuare le regole stabilite a Parigi. La Conferenza di Dubai si è sbloccata solo quando le parti hanno raggiunto un accordo storico sull’operatività del Loss and Damage Fund e sugli accordi di finanziamento con impegni per un totale di oltre 700 milioni di dollari.