Un toret, la tipica fontanella pubblica di Torino, in piazza Castello (Foto di Francesco Marino da Flickr, CC BY-NC-SA 2.0)
Un toret, la tipica fontanella pubblica di Torino, in piazza Castello (Foto di Francesco Marino da Flickr, CC BY-NC-SA 2.0)

Pfas, per Greenpeace migliaia di piemontesi hanno bevuto acqua contaminata

Il nuovo rapporto della ong denuncia la presenza dei composti tossici prodotti da Solvay Solexis anche nel Torinese e in altre zone del Piemonte

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

6 febbraio 2024

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I Pfas, composti tossici per l’uomo e per l’ambiente, hanno contaminato le acque del Piemonte, non solo quelle in prossimità di Spinetta Marengo, la frazione di Alessandria dove ha sede la multinazionale Solvay Solexis, che produce queste sostanze. È quanto emerge nel nuovo rapporto di Greenpeace Italia, che denuncia la presenza delle sostanze perfluoro alchiliche nelle acque potabili piemontesi.

In Piemonte si cercano i pfas nel sangue dei cittadini

In particolare, se in provincia di Alessandria si trovano alte concentrazioni di Pfoa (considerato cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), e la cui produzione è vietata da 10 anni) nella città metropolitana di Torino ci sono tracce del composto cC6O4, prodotto in Italia “in esclusiva” da Solvay Solexis, che di recente ha cambiato denominazione in Syensqo.

Secondo i dati raccolti da Greenpace, 125mila piemontesi per un lungo periodo di tempo hanno bevuto sostanze cancerogene, senza sapere che lo fossero. “Si è ritenuto che la contaminazione da Pfas in Italia interessasse solo il Veneto o la zona dell’alessandrino – dice Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – aree che hanno ospitato od ospitano tuttora stabilimenti industriali dedicati alla produzione di queste pericolose molecole. Purtroppo, però, l’inquinamento da Pfas è molto più esteso. Già nei mesi scorsi abbiamo dimostrato come il problema riguardi anche molte aree della Lombardia. Oggi siamo costretti a denunciare che anche in Piemonte ci sono altre zone in cui il problema è rilevante e interessa decine di migliaia di persone". 

Uno studio conferma: "Pfoa cancerogeno e tossico"

Greenpeace Italia ha chiesto a tutti i gestori delle reti potabili piemontesi e agli enti sanitari (Asl) di poter visionare i risultati delle analisi effettuate per scovare i Pfas nelle acque potabili, ma su 43 richieste di accesso agli atti solo 10 sono andate in porto, ossia meno di un terzo. Il problema è che ancora oggi, nonostante le evidenze scientifiche, non esistono dei limiti nazionali per queste sostanze, ritenute pericolose dal 2001. La maggior parte dei gestori e delle aziende sanitarie locali non hanno mai cercato i composti nelle acque potabili, malgrado il Piemonte ospiti l’unica produttrice italiana, vale a dire Solvay Solexis.

Le responsabilità di Solvay

I dati forniti arrivano soprattutto da due province: Alessandria e Torino. A Spinetta Marengo, dall’acquisto nel 2002 del polo chimico, Solvay Solexis ha riversato nel fiume Bormida gli scarichi del suo collettore industriale, immettendo Pfoa nell’affluente del più grande fiume italiano, il Po. Già nel 2007 Solvay Solexis era stata avvertita che lo scarico dell’industria liberava Pfas danneggiando l’ambiente. L’allarme era stato lanciato dall’Unione europea, che attraverso il progetto Perforce aveva individuato il Po come il fiume con il più alto livello di inquinamento da Pfas in Europa.

L’Ue attraverso il progetto Perforce ha individuato il Po come il fiume con il più alto livello di inquinamento da Pfas in Europa

Nel marzo del 2007 il professor Michael MacLachlan scrisse una mail all’azienda: “Dai nostri studi riteniamo che la fonte di emissione più probabile di Pfoa nel fiume sia la vostra industria, vi esortiamo ad indagare”. Solvay Solexis rispose che nel Po scaricavano altre industrie e che non esistevano valori limite per queste sostanze. Da allora, si è dovuto attendere fino al 2021 per avere dei parametri sui valori degli scarichi in Piemonte, malgrado Arpa Piemonte abbia iniziato il monitoraggio di questi composti già nel 2008, insieme al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’ente che ha scoperto la più vasta contaminazione da Pfas in Veneto nel 2013.

Oltre il limite

Grazie alla collaborazione dell’Asl di Alessandria, Greenpeace è riuscita a ricostruire i monitoraggi nelle acque potabili alessandrine. Se il polo chimico non ha avuto impatti nella zona prossima alla produzione ciò si deve alla sostituzione delle  tubazioni, con l’inquinamento da Pfoa che non ha però risparmiato diversi comuni collocati sul fiume Scrivia. Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona a partire dal 2019 hanno registrato una presenza di Pfoa oltre i limiti indicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss), pari a 100 nanogrammi per litro.

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Peccato che nessuno di questi comuni sia stato contattato dal laboratorio Arpa che ha condotto le analisi nonché dall’Asl, che è proprietaria dei dati. Diverso è il caso di Montecastello, avvisato a giugno 2020 della presenza del cC6O4 nella rete potabile. Il comune è stato contattato da Arpa e Asl e dopo due giorni si è deciso di chiudere il pozzo principale. Greenpeace si chiede: come mai in quei cinque comuni sullo Scrivia l’Asl ha aspettato il 7 agosto 2023 (da novembre 2019) per cambiare il punto di approvvigionamento, sette giorni dopo la richiesta dati da parte della ong?

Torino, allarme rosso per 14 comuni

Il report di Greenpeace, consultabile anche attraverso una mappa costellata di puntini gialli e verdi, che indicano i monitoraggi effettuati negli anni, evidenzia anche un’altra criticità. Il gestore della rete idrica in provincia di Torino, la Società metropolitana acque Torino (Smat), ha consegnato i dati prodotti nel 2023 (dopo una ricerca avviata cinque anni prima) e analizzandoli si evince che 14 comuni risultano positivi al composto cC6O4.

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Dalle analisi consegnate da Smat è possibile ricavare una sorta di mappa, che da Bardonecchia si estende fino a Ivrea, attraversando le montagne, con valori che a Cintano, nei pressi della città eporediese, arrivano a 66 nanogrammi. Come avvenuto nelle cinque città dell’alessandrino, dove è mancata la comunicazione da parte degli enti, anche per questi 14 comuni non è stato consegnato a Greenpeace nessun documento inviato da Smat ai centri contaminati.

A tre settimane di distanza dalla richiesta avanzata dalla ong, sul sito Smat dedicato alle analisi dei composti monitorati per le acque potabili, è comparsa la voce “Somma di Pfas”. Un’anomalia secondo Greenpeace, in quanto il gestore produce dati sui Pfas dal 2018, anno in cui ha coinvolto il dipartimento di chimica dell’Università di Torino nella ricerca di questi inquinanti emergenti, all’epoca trovati in diversi comuni. La provincia di Torino, inoltre, conosce già il cC6O4, dopo che Arpa Piemonte ha rinvenuto tracce del composto nel percolato della discarica Barricalla, nel comune di Collegno, lontano quindi decine di chilometri dal polo produttivo della multinazionale Solvay Solexis, che da sempre nega la vendita dello Pfas agli enti di ricerca e università.

Arpa Piemonte ha rinvenuto tracce del composto cC6O4 nel percolato della discarica Bariccalla, nel comune di Collegno, lontano decine di chilometri da Solvay Solexis

L’accusa contro Regione Piemonte

A differenza del dossier sull’acqua potabile lombarda, pubblicato nel maggio 2023 con dati consegnati dagli enti coinvolti, in Piemonte Greenpeace ha ricevuto risposte negative da quasi tutti i gestori. Il motivo è duplice: da un lato, l’entrata in vigore dei limiti per i Pfas nelle acque è prevista solo nel gennaio 2026, dall’altro la decisione, presa nel 2019, di monitorare solo l’alessandrino. Nel programma di monitoraggio sanitario del 2019 (il Prisa), la Regione include un allegato di Arpa Nord Ovest (Torino), che consiglia di cercare i Pfas solo nella zona interessata alla contaminazione reale, dove insiste Solvay Solexis. Con questo documento gli enti gestori e le Asl hanno evitato per anni di cercare composti cancerogeni nelle acque potabili piemontesi. Greenpeace ha effettuato un proprio campionamento a luglio 2023 che, seppur parziale e molto contenuto, ha indicato la presenza di Pfos nel comune di Galliate, in provincia di Novara.

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